Un caffè preparo, nero come curaro.
Non desidero il suo amaro sapore,
mi serve solo per leggere il futuro
(velenosa cicuta, cattivo odore)
scritto sul fondo di questa tazzina.
Poi aggiungo polveri inodori:
arsenico, antrace o stricnina
o meglio del mercurio che divori
le mie cellule cerebrali
dilaniate dalle termiti,
perle in pasto ai maiali.
E bevo latte dal tuo seno,
come Mitridate sopravviverò
soltanto nutrendomi di puro veleno.
Con una immagine dìafana
negli occhi io dormirò: tu nuda,
grigia, velenosa come acqua tòfana.