Il vento spirava verso il mare dalla pineta portando un soffice profumo balsamico e fresco. Si dice che Agosto sia la fanciullezza dell'inverno ma il caldo di quella mattina di cielo azzurro e nuvole bianche non ne era premonizione. La spiaggia era deserta e le onde si allungavano stancamente sul bagnasciuga al ritmo del lento respiro di una estate ormai anziana.
M. e C. si sollevarono dalla sabbia dove stavano sdraiati uno accanto all'altra, si presero per mano e si diressero verso l'ombra dei pini. Lame di luce tagliavano la penombra filtrando tra i rami e gli aghi secchi scricchiolavano sotto i piedi; pure all'ombra la canicola non dava gran tregua ma c'era almeno il sollievo dal martellare del sole. Il bosco si apriva improvvisamente di fronte ad una radura verde di erba grassa e profumata che sembrava vantarsi dei suoi fiori gialli, rossi e azzurri, come una dama dei suoi gioielli. M. fece qualche passo avanti con la mano sugli occhi per ripararsi dal sole e si incantò per qualche attimo di fronte ai colori ed al profumo, poi si voltò verso di lei. Il costume da bagno era afflosciato ai piedi di C. e lei lo guardava, nuda e splendida. La pelle era lucida sotto la sottile pellicola di sudore e M. già sentiva sulle labbra il sapore salato e in fondo ai polmoni il profumo della sua pelle. Si avvicinò pensando che la donna nuda è la donna armata: non aveva facoltà di apporsi a quella dolce tentazione.
Le mani si presero delicatamente e fu come una ubriacatura sentire il dolce delle sue labbra, l'aroma del suo alito di caffè e fragranza lontana di tabacco. La baciò con gli occhi chiusi, per non perdere neppure una stilla di quell'emozione; e il cuore accelerava e si gonfiava sempre più.
Con la lingua scese lungo il collo umido, assaporando finalmente quel gusto che aveva fantasticato poco prima, fino alla valle che separa i piccoli seni. Assaporò poi la pelle morbida di uno e dell'altro fino alle turgide vette di quelle due colline di seta. Ancora scendendo trovò il cerchio lussuoso dell'ombelico e poi si inginocchiò.
Di fronte a lui il fiore più bello di tutti. Accarezzò la morbida lanugine e, lievitando, con le dita ne aprì i petali e li sfiorò con le labbra, poi li baciò, sempre più a fondo, fino al sapore di miele del talamo che succhiò, mordicchiò e leccò dolcemente e avidamente, ebbro del calore e di lei.
Le mani di M. correvano sul ventre di C. per poi accarezzarle le natiche, sode e morbide nello stesso tempo, quale miracolo che solo la natura può regalare. Sentiva le mani di lei stringersi sulle sue spalle e prenderlo subito dopo per i capelli e tirarli fino a fargli male, un dolore circonfuso di gioia ed amore.
Alzò gli occhi e la vide mordersi il labbro e la sentì gemere e mormorare parole incomprensibili ma, sapeva per certo, meravigliose. Improvvisamente C. inarcò la schiena e offrì quel fiore ancora più insistentemente premendolo con forza contro il viso di M. mentre le gocce di sudore si formavano come gemme sui suoi seni.
“ Come i boomerang: i fiori tornano sempre indietro “.
Questo pensiero sfiorò M. un istante, come un lampo di saggezza insperata.
Intorno a sé sentiva lo stormire delle fronde e delle cicale.
M. se ne stava sdraiato sulla sabbia calda, prono, con il viso tra le mani per ripararsi dalla luce. Un'onda annoiata si avvicinò al suo braccio caldo di sole, per destarlo con il fresco dell'acqua.
Morfeo se ne avvide e decise che non era il momento, la favola non era finita: si volse verso il dispettoso Poseidone:
“ Aspetta, lascia che si illuda ancora per un poco “
L'onda si fermò a pochi centimetri dalla pelle di M. e poi si ritrasse ubbidiente.